La vicenda umana e sportiva del campione di marcia Alex Schwazer, trentasettenne bolzanino di Vipitero, con le sue evidenti manipolazioni
oscure di una regia criminale, sono purtroppo parallele con quelle dell'indimenticabile Pirata di Cesenatico Marco Pantani, che ci ha
lasciato il giorno di San Valentino di sette anni fa.
Ma, per sua fortuna, lo ha aiutato un carattere diverso, meno malinconico e più combattente, meno da agnello sacrificale e più da ariete
da sfondamento.
E pensare che tutto era nato in modo completamente diverso, infatti, in occasione della prima squalifica per doping, comminatagli alla
vigilia dei giochi olimpici di Londra 2012 dal Tribunale Nazionale Antidoping fino all'aprile del 2016, l'altoatesino aveva subito ammesso
la sua colpevolezza, tentando addirittura di spiegarne le motivazioni in modo quasi autolesionista, aveva scontato in silenzio l'intera
squalifica fino all'ultimo giorno e non aveva mai preso in considerazione il proposito di discutere o patteggiare una qualsiasi riduzione
della pena. Terminata la squalifica, si era poi preoccupato di rendere pubblico il suo programma di riavvicinamento alle competizioni,
spiegando, con dovizia di particolari, come si sarebbe preoccupato di rendere immediatamente accessibili a chiunque ne volesse notizia i
dati del proprio passaporto biologico ed affidandosi completamente alla guida del "maestro dello sport" dottor Sandro Donati, famoso per
la sua lotta senza quartiere contro il doping nello sport, soprattutto nel calcio, nell'atletica, nel ciclismo, ma, purtroppo per Schwazer,
anche acerrimo nemico dell'agenzia mondiale antidoping, da lui a più riprese accusata di gestire le proprie competenze in modo spesso
disinvolto, pur di raggiungere i "propri scopi".
Atleta e tecnico hanno così deciso di intraprendere un difficile cammino legale, costellato di perizie e controanalisi, dichiarazioni e
smentite, che, a distanza di alcuni anni, ha portato la magistratura di Bolzano a dichiarare che i campioni di urina prelevati nel 2016,
in occasione della seconda squalifica, sono stati manipolati da Wada e Iaaf allo scopo di farli risultare positivi, e a definire
"autoreferenziale" il sistema con cui le due Autorità sono pronte ad impedire con ogni mezzo che controlli esterni mettano in discussione
la fondatezza delle proprie condanne.
La Wada, per conto suo, ha già sentenziato che Alex Schwazer può scordarsi di riprendere la sua normale attività agonistica e che adirà
le vie legali per tutelare la propria onorabilità, ma, sinceramente, affermazioni del genere non costituiscono una letteratura originale,
se ne trovano molti esempi, ad esempio in produzioni letterarie e cinematografiche come "Il Padrino".