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  • 21/06/2022

    Come eravamo

In bici con Gino


Ho sempre provato una passione profonda per il ciclismo, una vera e propria attrazione che mi porta a ricordare come fosse ora il primo campionato
mondiale professionisti su strada che sono riuscito a vedere in diretta televisiva; era il 1966 e la gara si svolgeva a Nurburgring, nell'allora
Germania Ovest; se la aggiudicò il campione tedesco Rudi Altig di fronte ai due fuoriclasse francesci Jacques Anquetil e Raymond Poulidor.
Da allora non mi sono perso nemmeno una diretta degli appuntamenti d'oro, il Giro d'Italia, il Tour de France, il mondiale, la Milano Sanremo, la
Parigi Roubaix, il Fiandre, il Lombardia, la Liegi Bastogne Liegi. Il tutto, condito dalla lettura di quotidiani sportivi, periodici di settore e
monografie che mi avvicinassero di più ai miei eroi.
Ma questa passione non è indirizzata alla partecipazione da spettatore, è anche voglia di bicicletta, di affondare i piedi sui pedali, di avere il
fiato corto dopo una bella salita, ma senza mai ricercare dati tecnici su distanze e pendenze, su medie orarie e battiti cardiaci; protagonista è il
guardarmi intorno, sentire i profumi dai campi lungo il percorso, decidere la direzione da prendere, nei limiti del possibile, solo all'ultimo
momento. E non è stato semplice, con queste premesse, trovare i giusti compagni di avventura, che accettassero di condividere interessi in fondo un
po' lontani da quelli dei "garosi", dei cicloamatori votati alla velocità, ai duri allenamenti, al continuo miglioramento dei propri record; per
dirla con un'unica parola coniata dall'amico Marco, dei "ciclorimba".
Eppure ne ho trovati, tanti e fidati, grazie ai quali mi porto in cuore il ricordo vivo di una lunga serie di giornate epiche, indimenticabili,
fatte di pedalare e ridere, soste alle fontane e ai tavoli di una trattoria vista lungo la strada. E soprattutto ho trovato il più poetico di tutti,
d'altronde era un poeta vero, il mio indimenticato amico Gino Bartolommei. Uscivamo insieme dal lavoro, un salto a casa per un leggero spuntino, poi
cambiarsi di abito e via in bici. Non eravamo fenomeni di imprevedibilità, perchè, per i primi chilometri, la strada era sempre la stessa, tutti i
giorni: ritrovo dal Gori, tra Prucino e Lorena, tiberina 3 bis fino ai Calabresi, poi strade di campagna fino alla vecchia stazione di Fighille,
ancora un brevissimo tratto di nazionale fino al bivio per Citerna, ma dopo pochi metri si prendeva per Pantaneto, in picchiata verso Monterchi.
Era a questo punto che terminava la parte fissa, immutabile, ed iniziava la riscoperta, ogni giorno da reinventare, di questa magica terra che gli
aveva dato i natali nel 1933.
Ogni piccola valle, ogni collina era sua patria natale, ogni contadino incontrato per strada era suo fratello ed ogni pensiero che questi incontri
gli donavano, grazie alla sua dolce poetica, diventava un verso, un insegnamento, un sorriso, a mio uso e consumo, per arricchire la mia cultura di
vita.
Ma, per oggi, ho approfittato anche troppo della vostra pazienza; tra qualche giorno, su come eravamo, vi racconterò più in dettaglio qualcuno di
questi incontri fatti con Gino, ciao!




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